Era il 1957 e Tony Dallara giocava ad asso pigliatutto vendendo trecentomila copie con il singolo Come Prima.
Ma, soprattutto, Dallara ha rotto tutte le convenzioni del cantato melodico italiano inventando la figura dell’urlatore: “è frutto della mia irruenza, della mia generosità. Come prima pretesi di interpretarla a modo mio, in tonalità alta, sembrava che urlassi, da lì l’appellativo” ricorda Dallara nel corso di un’intervista fatta con Repubblica. Non è un caso che nel 1959 sulla Domenica del Corriere una vignetta fece impazzire tutti gli italiani: un pellerossa poggia l’orecchio per terra per sentire se arrivano dei cavalli – nemici. E urla: “ancora Tony Dallara“.
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Tony Dallara: dalla povertà più totale alle stelle
Tony Dallara nasce a Campobasso nel 1936, ma giovanissimo arriva a Milano, “in tempo per beccarmi un pezzetto di guerra” ha raccontato più volte. Inizia a lavorare subito dopo aver finito le elementari, facendo i lavori più umili, pur sviluppando, come il padre, una grande passione per la musica. Fu proprio quest’ultimo che lo obbligò, ad entrare nel coro della parrocchia, finché non passo ai locali e da lì al Santa Tecla, il club più popolare della Milano degli anni Cinquanta. Al contempo però, per portare il pane a casa, faceva anche il fattorino per una casa musicale, la Music.
Fu lì che qualcuno lo notò; leggenda vuole che uno dei produttori disse che Come Prima era un pezzo che solo un fattorino poteva cantare. Certo, solo una storiella divertente da raccontare, ma guarda caso le cose andarono effettivamente proprio così e da allora fu enorme successo. Tuttavia più volte Dallara è entrato in polemica, in quanto non ha mai scritto i suoi pezzi e non può rivendicare grandi quote sulle canzoni interpretate, anche se di grande successo. Nel 1960 arriva infatti il Festival di Sanremo, cantando Romantica in coppia con Renato Rascel.
Provò a tornare al Festival l’anno successivo, arrivando ad un passo dal vincerlo e poi di nuovo nel 1964 con Come potrei dimenticarti; di quell’anno Tony ricorda però un aneddoto in particolare: “era ’62 e mi arrivò una telefonata di Totò. “Mi invitò a casa sua e nel salotto al pianoforte c’era il maestro Pregadio che suonò una canzone scritta da Totò. Se la incidi ti do un milione, mi disse. Accettai ma a Sanremo la scartarono e, anzi, la canzone si è proprio persa”.
Dalla seconda metà degli anni sessanta la fama di Dallara inizia ad arrancare e tentò un nuovo colpo di fortuna solo negli anni ottanta grazie a i revival, ma ad oggi ha preferito dedicarsi ad un’altra passione, la pittura, anche se non disdegna apparizioni in tv, quando gli viene permesso. Nel 2008 provò, infatti, a tornare al Festival di Sanremo con un pezzo scritto da Teo Teocoli, Cartà d’identità, ma non verrà ammesso.
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