L’ombrellone del 1965 di Dino Risi (autore di capolavori come Una vita difficile e Il sorpasso) è forse uno degli esempi migliori di cinema estivo.
La carriera di un regista formidabile (come nel caso preso in esame) è costellata da una serie di titoli poco considerati, il più delle volte a ragione, un po’ per la scarsa qualità del film e un po’ perché quando è uscito il suddetto, non era un periodo felice, in quanto erano in contemporanea usciti altri film più di richiamo. A volte però dalla ragione si passa al torto, così da far riscoprire film che si pensava fossero brutti e dimenticati, quando invece non lo erano affatto. Le nuove leve critiche dopotutto servono anche a questo, ovvero dare la possibilità al pubblico di vedere o rivedere film belli, ma poco conosciuti o poco considerati all’epoca.
L’ombrellone di Dino Risi (del 1965) rientra in entrambe le categorie: film di un grande regista (forse sarà una banalità ovvia a tutti, ma certe cose è bene ribadirle per non dimenticarle mai) e film (ahimè) poco visto e sconosciuto ai più.
L’insuccesso di questo meraviglioso film all’epoca (perché lo è e non poco) è per forza di cose da ritrovare nel cast scelto da Dino Risi: un Enrico Maria Salerno come protagonista e una Sandra Milo come coprotagonista. Due così non potevano non attirare il pubblico al cinema a vedere il film. Non erano gli attori di maggior richiamo di quegli anni, ma per fortuna con il tempo lo spettatore si è ricreduto. Per nostra fortuna questo piccolo insuccesso, non ha fermato in alcun modo il maestro Risi che ha continuato nonostante e comunque a sfornare film belli ed imprescindibili per il cinema italiano.
L’ombrellone è un film – all’apparenza spensierato e soave – ma se ci si addentra nei meandri più nascosti, si ritrova un’anima malinconia e disperata intrisa di quel pizzico di surreale, tipico di molti film del regista milanese. Lo scenario da film apocalittico d’altronde c’è tutto: un uomo borghese, presumibilmente annoiato e stanco della sua solita vita noiosa e prevedibile, pensa bene di concedersi un po’ di riposo passando le vacanze estive a Riccione. L’aria che tira non è delle migliori e la moglie sembrerebbe tradirlo. Date queste premesse, si può evincere che al protagonista questa vacanza si rivelerà essere più che un momento di distrazione, una vera e propria discesa negli inferi. Tra spiagge ricolme di personaggi stralunati e strampalati, corpi semi nudi a prendere il sole, clima afoso e rovente, il protagonista dovrà riconsiderare la sua vita e la sua relazione amorosa con una donna che forse non lo ama più.
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L’ombrellone: le bugie e le cattiverie di italiani piccoli piccoli
Dino Risi descrive l’italiano come una persona meschina e cattiva, che sarebbe pronto a tutto pur di prevaricare sull’altro, anche a costo di rimetterci la vita. Uomini e donne senza scrupoli che mossi dal vile denaro e dal potere potrebbero fare l’impensabile, con una ferocia a dir poco inaudita. Enrico Maria Salerno è superlativo nel raffigurare un uomo scaltro e fin troppo sicuro di sé. La sua fama e la sua gloria lo precedono, ma forse non ha fatto i conti con il destino terribile che gli si porrà dinanzi. Sandra Milo è invece la perfetta controparte, una donna insoddisfatta della sua vita e già con il pensiero che i suoi giorni felici siano soltanto un lontano ricordo che, si lascerà andare al suo lato più “libertino”, da molto tempo nascosto dietro a menzogne e falsità.
Ad accompagnare i due protagonisti in questa vacanza estiva infernale e luccicante si trovano delle canzoni iconiche di quegli anni, come Il peperone (Eduardo Vianello); Allora si (Jimmy Fontana); Il Mondo (Jimmy Fontana); I ragazzi dello shake (Gianni Morandi); Viva la pappa col pomodoro (Rita Pavone); Sulla sabbia c’era lei (Sonia e le Sorelle) il brano che si può ascoltare nei titoli di testa; Roberta (Peppino di Capri) e molte altre che sono diventate negli anni dei simboli della musica italiana. Canzoni che servono come elemento di disturbo e per certi versi di perversione per ciò che mette in scena il regista Dino Risi. Il cast si compone poi dalla Bond Girl (A 007, dalla Russia con amore), Daniela Bianchi sensuale e provocante da Jean Sorel misterioso e affascinate (che di lì a poco sarebbe diventato una delle star del cinema nostrano bis). Se L’ombrellone lo possiamo considerare come un film terrificante e grottesco, il merito va dato alla sapiente scrittura di Ennio De Concini in collaborazione con lo stesso Dino Risi. I due riescono abilmente a tratteggiare la perfida dell’essere umano e le sue ipocrisie.
L’ombrellone è dunque un film da riscoprire e da ripensare, perché racconta in maniera brillante e sagace delle idiosincrasie dell’italiano di fronte alle proprie debolezze e ai propri peccati. Errare è umano, perseverare è diabolico.
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