Giovanni Battista Grassi, ‘La porta si apre’, ESCLUSIVA: “Di cancro si guarisce. E sulla prevenzione…”

‘La porta si apre’: questo il titolo del libro autobiografico del chirurgo Giovanni Battista Grassi. Quest’ultimo ne ha parlato ai nostri microfoni.

Giovanni Battista Grassi

La quotidianità di un medico e la sua vita che finisce a intrecciarsi con quelle dei suoi pazienti e con i loro problemi. Questo è il modo in cui può essere riassunto ‘La porta si apre’, libro autobiografico di Giovanni Battista Grassi, chirurgo oncologo tra i più importanti e premiati del nostro Paese. Lo scritto consiste in una vera e propria selezione di storie reali, di cui è stato testimone e protagonista. Il tutto è diventato argomento di una lunga e interessante intervista, rilasciata ai nostri microfoni.

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Giovanni Battista Grassi, ‘La porta si apre’: l’intervista al chirurgo oncologo

Il suo libro è senza alcun dubbio un’autobiografia. Come l’è venuta in mente quest’idea di raccontare la sua vita professionale?

Io ho sempre raccolto appunti nel corso della mia carriera, che dura da più di 40 anni. Ho letto molti libri belli ed emotivamente coinvolgenti, ma dove il malato di cancro moriva quasi sempre. Questi li ho trovati dei messaggi non positivi per le persone malate. Ed è per questo che, raccogliendo tutte queste storie, ho voluto far capire che oggi di cancro sì si muore ancora, ma si guarisce anche e sempre di più. Il tutto grazie ai progressi che sta facendo la ricerca, in primis nel nostro Paese. E pure noi aiutiamo la ricerca, con noi stessi, ossia con un corretto stile di vita, con una giusta alimentazione e con la prevenzione. Questo è il messaggio che ho voluto lanciare, soprattutto nell’ultima parte. Ho voluto dare un segnale di speranza. Ovviamente ammetto di aver avuto l’aiuto di qualche amico, a cui ho fatto leggere gli appunti. Sono stati loro a consigliarmi di trasformare il tutto in libro. Un libro tratto da storie vere. Tra l’altro vorrei dire che gli introiti dell’autore, che inizialmente dovevano esser destinati alla nostra associazione che aiuta un ospedale nel corno d’Africa, ora saranno girati allo Spallanzani. Lì i medici in questo periodo stanno facendo un grande lavoro”.

Sicuramente c’è un messaggio che si ripete per tutto il libro e che è anche il suo titolo: la porta si apre. Quali significati ha questa frase e quanti ricordi le evoca?

“La porta si apre indica la porta che si apre dello studio e si presentano i pazienti. Si presentano papà con figli, figli con papà malati o viceversa. Ma si apre anche la porta del pronto soccorso e quella della sala operatoria. E dopo che esci da quest’ultima trovi un capannello di persone che aspettano che parli per sapere com’è andato l’intervento. Questa porta che si apre è un qualcosa che ti coinvolge. Il chirurgo dà sempre la sensazione di essere tranquillo e sereno, ma in realtà anche lui è alle prese con tante emozioni, infinite domande e riflessioni. La porta si apre anche in periodo come questo, dove all’angoscia del paziente con il tumore si aggiunge anche la preoccupazione del virus. A noi spetta il compito di donare serenità“.

Il suo libro fa capire quanto nella vostra professione sia importante un aspetto che forse in molti, dall’esterno, sottovalutano: l’umanità. Quanto conta per lei il fatto che, dietro il camice, i suoi pazienti siano riusciti sempre a capire anche l’uomo?

Questo è soprattutto importante per il paziente, che si sente avvolto in un’umanità che lo aiuta a guarire. Ovviamente è importante anche per me. Nei momenti di solitudine, di sconforto e di preoccupazione è il malato a dare qualcosa a noi in una sorta di interscambio. Questo ci sa fa superare molti ostacoli e ci aiuta a tenere la mente viva e libera.  Io nel mio libro, oltre all’aspetto umano, ho sottolineato quello ludico. Io amo giocare a pallone, anche perché mi aiuta a scaricare tutte quelle tensioni accumulate nella giornata, che poi, la sera, esplodono“.

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La prefazione del suo libro è di Carlo Verdone. Leggendola, c’è una frase che mi ha colpito. L’attore dice che in fondo le vostre professioni sono molto simili, con la differenza che lei pensa al corpo del paziente, mentre lui dell’umore dello spettatore. Condivide questo pensiero?

Diciamo di sì. Io e Carlo ci conosciamo da una vita. Io ero un giovane chirurgo e lui un attore alle prime armi. Io andavo a vedere i suoi primi spettacoli e poi dopo il nostro rapporto si è rinsaldato, per quanto qualche volta capita di perdersi. Poi lui è un po’ ipocondriaco e quindi scherzosamente gli ho detto “Dopo che lo leggi non presentarti subito a fare una risonanza e qualche esame”“.

Un altro messaggio che passa leggendo ‘La porta si apre’ è senza alcun dubbio l’importanza della prevenzione. Come si può far capire, a chi è magari più giovane, quanto questa sia fondamentale?

“Quando uno è giovane la prevenzione mira, a meno che non ci sia una familiarità, alle sane abitudini di vita e di alimentazione. Quindi fare attività fisica e tenere la mente allenata, ma non troppo ovviamente, il giusto. I veri propri esami di prevenzione cominciano un po’ più avanti. Nelle donne magari una prima visita ginecologica e un’ecografia mammaria hanno un loro ruolo. La prevenzione comincia, come detto, più avanti con esami mirati e sempre più sofisticati. Assieme alla visita medica, che non deve mai mancare, questi permettono di prevenire addirittura ancor prima che quella piccola cosa possa diventare cancro o comunque di iniziarla a curare quando può essere ancora trattata bene e nel migliore dei modi”.

Pensando ai primi passi che lei ha mosso nel mondo della medicina, che consigli si sente di dare a chi sogna di fare questa professione?

Studiare, studiare, studiare, studiare. Questa è la cosa più importante. La seconda è fare sacrifici. Penso alle notti di guardia e ai giorni festivi che non esistono. Tutto questo chi vuole fare il medico lo deve sapere. E quello che sta succedendo in questi giorni la dice lunga. Pensi a quanti medici sono morti mentre facevano il loro dovere. Questo perché non si sono tirati indietro in un momento come questo. Il messaggio è senza alcun dubbio questo”.

Un’ultima domanda, legata strettamente a quello che stiamo vivendo: lei che idea si è fatta di questo periodo? C’è qualcosa che non la convince o che ancora non le è troppo chiaro?

Questo è un virus di cui conosciamo poco. Ora è bene proteggersi e stare attenti. Anche in un momento come questo è fondamentale la prevenzione. Questa significa saggezza e buon senso. Per esempio è inutile andare in dieci insieme a giocare a pallone o in mezzo alla strada senza mascherina. Sono cose che adesso non possiamo fare Insomma, non servono particolare regole e indicazioni, perché in questo periodo conta e fa la differenza essere saggi“.

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