La sua ultima apparizione sul grande schermo risale al 1994 ne Le nuove comiche di Neri Parenti, ma tutti coloro che sono cresciuti nei mitici anni Ottanta lo ricordano soprattutto per essere stato lo sportivo Massimo Conti nelle tre stagioni che costituirono la popolare serie televisiva I ragazzi della 3ª C.
Eppure, romano classe 1963, Renato Cestié è stato uno di quei bambini prodigio della celluloide tricolore degli anni Settanta che, caratterizzato da inconfondibile capigliatura bionda, presenziò, tra l’altro, in Giubbe rosse di Joe D’Amato alias Aristide Massaccesi e nei thriller horror Reazione a catena di Mario Bava, I corpi presentano tracce di violenza carnale di Sergio Martino e Nero veneziano di Ugo Liberatore.
Anche se, senza alcun dubbio, fu come volto dei cosiddetti lacrima movie incentrati su storie sentimentali destinate a sfociare in tragedie che entrò nell’immaginario collettivo, tra Bianchi cavalli d’Agosto di Raimondo Del Balzo, Il venditore di palloncini di Mario Gariazzo e, soprattutto, L’ultima neve di primavera, autentico capostipite del filone, finalmente reso disponibile su supporto dvd da CG (www.cgentertainment.it) all’interno della propria collana CineKult.
Diretto nel 1973 da Del Balzo su soggetto di Gariazzo, un film la cui genesi fu sicuramente dovuta al notevole successo riscosso tre anni prima da Love story di Arthur Hiller, del quale, tra l’altro, Franco Micalizzi ricalcò in maniera evidente la splendida colonna sonora composta da Francis Lai per concepire la sua, altrettanto efficace.
La storia del piccolo Luca (Cestié, appunto), ragazzino di nove anni che, orfano di madre, in occasione delle feste di Pasqua lascia il collegio per raggiungere a Roma il padre Roberto, ovvero Bekim Fehmiu, uomo preso dagli affari e coinvolto in una relazione con la Veronica incarnata da Agostina Belli.
L’occasione per convincere il sempre assente genitore a trascorrere insieme qualche giorno in montagna per godere dell’ultima neve primaverile e trascorrere momenti felici; senza immaginare, però, che a rovinare il tutto provveda la inaspettata scoperta di una malattia che sembra condannare a morte il piccolo.
Piccolo di cui, appunto, seguiamo la tranquilla esistenza alternata tra il rapporto padre e figlio e quello di amicizia con una coetanea dai genitori separati; prima che gli ultimi venti minuti di novantuno di visione arrivino a tirare in ballo la discesa verso il suo inevitabile destino.
Con l’ultima sequenza ambientata al luna park che, complice oltretutto la frase “Peccato papà, non rivederti più” riportata sulla locandina, non può fare a meno di spingere lo spettatore alla commozione… oggi come allora.
Francesco Lomuscio