Fu il film di Natale 2005, concreta testimonianza d’amore nei confronti di quell’intramontabile capolavoro datato 1933 che, a quanto pare, spinse il cineasta neozelandese Peter Jackson – autore, tra l’altro, della trilogia Tolkieniana de Il signore degli anelli – ad intraprendere la difficile strada delle immagini in movimento, dopo averlo visionato il tv nel 1970.
Capolavoro che, diretto a quattro mani da Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack, si rivelò una delle più affascinanti riletture del mito della bella e la bestia, incentrato su una Fay Wray nei panni della povera Ann Darrow, sorpresa a rubare in un mercato e scelta dal regista di documentari Carl Denham come attrice per un film da girare sull’isola del Teschio; dove poi si ritrovava rapita dagli indigeni locali ed offerta in sacrificio al dio Kong, gigantesco gorilla.
Capolavoro cui lo Steven Spielberg del cinema kiwi rese appunto giustizia – con Naomi Watts al posto della Wray e Jack Black nelle vesti di Denham – tramite il personale rifacimento King Kong, fedele al materiale di partenza anche nel mostrare l’infatuazione dell’enorme primate per la donna e il conseguente trasporto dello stesso a New York, dove, esibito al pubblico come “ottava meraviglia del mondo”, riusciva a fuggire ed a seminare devastazione.
Enorme primate incarnato nel caso del suo film da un Andy Serkis la cui performance venne ritoccata in motion capture e che, ovviamente, si ritrovava sia coinvolto in scontri con diverse creature preistoriche che ad affrontare l’aviazione in cima all’imponente Empire State Building.
Nel corso della lunga, affascinante sequenza conclusiva di quello che, al di là delle fattezze di kolossal miliardario d’intrattenimento, non poté fare a meno di apparire in qualità di autentico film d’autore atto ad omaggiare la Settima arte in tutti i suoi aspetti (a partire da un Denham evidente alter ego jacksoniano).
Film d’autore che, impreziosito dalla splendida fotografia di Andrew Lesnie e comprendente nel cast anche il vincitore del premio Oscar Adrien Brody, viene riproposto da Universal in una gustosa ultimate edition in alta definizione costituita da due blu-ray racchiusi in custodia amaray, a sua volta inserita in slipcase cartonato.
Ultimate edition il cui primo disco dispensa il lungometraggio nella sua versione cinematografica di centottantasette minuti e quella estesa di duecento; mentre il secondo si fa scrigno di oltre tredici ore di contenuti speciali.
Infatti, superata un’introduzione del regista (sei minuti), abbiamo un esauriente making of diviso in otto parti, sedici scene eliminate, i ricchissimi diari della produzione e della post-produzione, un dietro le quinte relativo al combattimento con il T-Rex, il cortometraggio The present, cinque pre-visualizzazioni animate, tre trailer, confronti tra scene del capostipite ed alcune del remake (quasi dieci minuti), uno sguardo alla realizzazione della New York degli anni Trenta (ventotto minuti) e una galleria di conceptual design.
Senza contare una sbirciata al lavoro degli effettisti della Weta (cinque minuti), una alla maniera in cui si è lavorato al vaudeville proposto nel film (dodici minuti) e le featurette L’ottava cantonata del mondo (diciotto minuti) e Skull island: a natural history.
Unica pecca: tutto il materiale extra non è fornito di sottotitoli italiani, ma esclusivamente inglesi, tedeschi e francesi.
Francesco Lomuscio