Stefano Calvagna, regista romano entrato in un tritacarne giudiziario e mediatico nel 2009, nel 2013 è stato assolto con formula piena dalle accuse più gravi. Tuttavia, come spesso accade, le notizie di colpevolezza si diffondono a macchia d’olio mentre, quando il fatto viene riconosciuto come non commesso, la stampa non sempre si muove per permettere ad un uomo innocente di riscattarsi e divulgare la verità.
Dopo aver subìto un tentato omicidio con 7 colpi di pistola, il 17 febbraio del 2009, Calvagna venne arrestato per calunnia aggravata, un reato che in alcuni paesi non è neanche riconosciuto come tale. Successivamente, altre accuse sono state mosse al regista da terze persone, addirittura esterne ai fatti: tali accuse, infatti, si sono diffuse mediaticamente ma non esistono negli atti ufficiali, come quella di essere il mandante del suo stesso tentato omicidio e di aver quindi inscenato una farsa ai suoi stessi danni. Uno dei proiettili ha sfiorato la sua arteria femorale che, se fosse stata colpita, l’avrebbe ucciso per dissanguamento.
Il regista non si è piegato al dolore, né alla paura, né all’errore da parte della giustizia. Ha scontato una pena che non gli apparteneva con dignità, meritando la misura dell’affidamento in prova. Nonostante la condanna subìta, inoltre, il fatto “si iscrive in un contesto personologico comunque estraneo a logiche criminali. Il soggetto vive con la moglie e due figli minorenni e lavora come regista cinematografico, attività che ha proseguito con successo anche dopo la brutta vicenda detentiva” (sentenza Corte Appello di Roma – III^ Sezione Penale del 20.06.2011.
Calvagna trova infatti anche le forze ed i mezzi per girare un film, il primo nella storia ad essere diretto completamente da un regista in affidamento. Nell’agosto del 2013, Stefano Calvagna viene assolto con formula piena. Lo Stato riconosce estinta non solo la pena ma gli “effetti penali della condanna” e qualsivoglia “effetto penale” in generale.