Scrivere una canzone è un mettersi in campo.
Anx della band Blue Skies, Valérie Balligand, Stephen Bell-Young, Calvino alias Niccolò Lavelli, Bevin Caulfield, la pianista e compositrice Alessandra Celletti, i Benin City, Josh Connor, Monica Cipollone, Sergio De Felice, Ray Lewis, Joni Wilson e Joshua Whitehouse sono soltanto alcuni dei nomi appartenenti alla facciata indipendente delle note musicali che Simona Irrera ha posto di fronte all’obiettivo della propria camera nel suo “Songbirth”, documentario di cinquantasei minuti realizzato dopo altri quattro brevi.
Documentario che, come il titolo stesso lascia intuire, mira a rivelare la maniera in cui nascono le canzoni, ricorrendo proprio alle dirette testimonianze di chi le elabora, personalità appartenenti a diversi generi e nazionalità che si dimostrano qui esploratori dell’anima.
Infatti, scandite da un montaggio a cura di Francesco e Michelangelo Garrone, intervallate alle numerose esibizioni e a cortometraggi concettuali sono le oltre cinquanta interviste a popolare un interessante elaborato destinato a rivelare che i colori della canzone vengono fuori insieme e che, alla fine, concepirla è come avere un bambino.
Del resto, tra chi considera lo scrivere in più persone una collaborazione di ispirazioni e chi associa l’urgenza di creare a quella di un pittore o di uno scultore, è pur sempre di un concepimento atto ad impiegare risorse cerebrali e fisiche che si parla.
Un concepimento che ogni artista affronta in maniera differente: scovando una melodia per poi adattarvi un testo o viceversa, riportando su carta o registrando nel telefono il motivo che gli balza in mente o, al massimo, canticchiandolo ripetutamente per non dimenticarlo in caso di mancanza di una penna o degli strumenti necessari a trascriverlo sul momento.
Fino ad approdare alle varie visioni sul modo di far ascoltare per la prima volta al pubblico ciò che si è concretizzato… perché, prima di tutto, come viene anche ribadito nel corso dell’opera, scrivere una canzone rappresenta ciò che consegue all’esigenza di condividere con gli altri una propria idea.
Idea oltretutto inedita e nuova nel caso del lavoro effettuato dalla regista, la quale precisa: “Nella mia vita ho sperimentato la mia creatività in molti ambiti: scienza, fotografia, pittura e cinema, ma non in musica. Amo la musica e ho studiato pianoforte, chitarra e canto, ma non ho talento in questo. Mi lascia vuota e questo film è il mio modo di riempirlo”.
Info: http://songbirthdoc.com
Francesco Lomuscio
Questo articolo è stato modificato: 17 Marzo 2015 22:49
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